Cittadini – lasciate che vi chiami così anche se tutti sappiamo che siete servi, schiavi, sudditi – però voglio chiamarvi cittadini per non umiliarvi inutilmente. Dunque: cittadini, noi siamo la classe padronale al governo e c’abbiamo ‘na grave responsabilità: dobbiamo dirvi che c’è una grossissima crisi – irreversibile: non possiamo darvi speranze. Be’, intanto noi vi mandavamo in miniera, vi riempivamo i polmoni di biossido di silicico; voi crepavate, però vostra moglie otteneva la reversibilità della pensione: però, oggi, questo non ve lo potete più permettere. Cittadini, un tempo vi mandavamo in fabbrica; noi vi facevamo lavorare quattro, cinque, sei, sette, otto, anche nove ore; sapevamo che dopo quattro ore avevate prodotto tanto quanto bastava per far vivere dignitosamente tanto voi quanto noi; ma noi vi sfruttavamo in fabbrica e utilizzavamo il vostro plus-lavoro per ottenere un plus-valore che ci intascavamo alla faccia vostra.
Però vi davamo la tredicesima, è vero o no? Vi ci compravate il televisore, con il quale poi noi vi indottrinavamo e vi imbrogliavamo anche a distanza. Però la televisione è una bella cosa, e anche la tredicesima. Ecco, oggi voi ve la potete anche sognare, la tredicesima. Cittadini, un tempo noi vi mandavamo in guerra per il nostro tornaconto, e voi ci andavate e morivate, però noi vi facevamo il funerale di Stato. Ma quant’è bello il funerale di Stato! Io, quando vado ai funerali ai Stato, vedo tutte quelle bandiere, l’inno – me pare de sta’ alla partita: passa il feretro, il morto, e io sto lì a fare “alé-ohò”. Ebbene: oggi, se andate a crepare in guerra per noi, manco il funerale otterrete. Cittadini, un tempo noi vi soffocavamo, ma di tanto in tanto vi facevamo riprendere aria. Adesso vi strozzeremo e basta, punto.
Eppure, cari cittadini, noi che stiamo al governo abbiamo la responsabilità e il dovere di ascoltarvi. Noi ascoltiamo gli operai: dicono che le loro aziende chiudono, delocalizzano in Cina e loro perdono il lavoro, oppure restano in Italia però si cinesizzano e loro perdono i diritti. E noi a questi operai dobbiamo dire una cosa semplice, chiara, onesta, e gliela diremo. Diremo: operai, cazzi vostri. Davvero, operai: cazzi vostri. Sinceramente, onestamente. Però io voglio parlare anche con i precari, quelli che vent’anni fa c’avevano ventotto, trent’anni, ed erano sicuri che nel giro di qualche mese c’avrebbero avuto un lavoro vero, e invece no, so’ rimasti invischiati in quella palude che è la precarietà; mo’ adesso quelli c’hanno cinquant’anni, so’ ancora lavoratori precari, e c’hanno i figli che crescono e al massimo troveranno un lavoretto a nero. Noi dobbiamo dire qualcosa di certo, anche a questi lavoratori precari, e glielo diremo. Diremo: precari? Cazzi vostri, pure a voi. Davvero, sinceramente: cazzi vostri.
Però voglio parlare anche con gli immigrati, che sono la colonna portante di questo paese; lavorano il triplo, guadagnano niente e sono schiavizzati. Eppure, tra cinquant’anni – ci dice l’Istat – un cittadino su quattro proverrà proprio da una storia di immigrazione. Dunque, voglio parlare a voi, emigranti, e dire la stessa cosa che dico a tutti gli altri cittadini, perché voi non siete di serie B. Dirò: emigrati, migranti? Cazzi vostri pure a voi, anzi: soprattutto per voi, veramente. Cazzi vostri. Qualcuno potrebbe dirmi: perché non facciamo come la Germania, la Gran Bretagna, che si so’ messe d’accordo con la Svizzera per tassare il denaro tedesco e inglese che sta nelle banche elvetiche? Certo, e infatti di denaro italiano in quelle banche ce ne sta tantissimo. Sapete perché non lo tassiamo? Perché quel denaro è nostro: de noi, padroni. Ma che, scherziamo? Poi tra de noi ce stanno anche un sacco de banchieri: che je raccontiamo?
Oppure qualcuno ci potrebbe dire: perché insistere ancora sulle grandi opere? Un treno super-veloce che devasterà una valle, in Piemonte, quando la popolazione è contraria – anche perché un treno lì già ce passa ed è sotto-utilizzato? Perché Perché tra di noi, oltre ai banchieri, ce so’ pure i palazzinari, i padroni del cemento, e lì c’è da guadagnare assai, cari cittadini. La manovra è “cazzi vostri”, mica “cazzi nostri” – che, scherziamo? Oppure, qualcuno ci chiederà semplicemente: F-35? Questo super-cacciabombardiere che ci costerà 13, 14, forse 15 miliardi: perché? E tutte l’altre spese belliche, che se vanno ad aggiungere a questa, in un paese nel quale, n’aa Costituzione, c’è scritto che l’Italia ripudia la guerra? Sapete perché spenderemo questi soldi? Perché tra de noi ce stanno pure i generali, mica solamente i palazzinari, capito? Uno l’avemo fatto pure ministro, eddài…
Noi siamo i poteri forti, cari cittadini. E per favore, non alzate la cresta perché… che volete, che ricominciamo a mettere ‘e bombe nelle piazze, sui treni, alle stazioni, nelle banche? Eh, cittadini: cazzi vostri, no cazzi nostri! Vedete, cittadini, io sono così certo dell’onestà delle mie parole che ho proposto al governo di chiamare questa nuova manovra proprio “cazzi vostri”, perché me sembrava una cosa esplicita, chiara, che avrebbero capito tutti, no? Però la comunità internazionale ci chiede di essere molto più bastardi ma anche un tantino più eleganti, perciò la chiameremo qualcosa come “manovra salva il paese” o con un titolo un po’ filmico, cinematografico, “come il cetriolo per l’ortolano”. Vedete, cittadini: il capitalismo è certamente quel grosso ombrello che vi infiliamo nel sedere ogni giorno. Però non è un ombrellaccio, ‘na cosa da quattro euro che vende il marocchino quanno comincia a piovere. E’ un ombrello costoso, di marca, magari di seta, col manico d’avorio e il puntale d’argento. E se non l’avete capito, cari cittadini, se veramente pensate ancora di vivere in un paese democratico, dove contare qualcosa, be’, allora, cari cittadini: cazzi vostri.
Però vi davamo la tredicesima, è vero o no? Vi ci compravate il televisore, con il quale poi noi vi indottrinavamo e vi imbrogliavamo anche a distanza. Però la televisione è una bella cosa, e anche la tredicesima. Ecco, oggi voi ve la potete anche sognare, la tredicesima. Cittadini, un tempo noi vi mandavamo in guerra per il nostro tornaconto, e voi ci andavate e morivate, però noi vi facevamo il funerale di Stato. Ma quant’è bello il funerale di Stato! Io, quando vado ai funerali ai Stato, vedo tutte quelle bandiere, l’inno – me pare de sta’ alla partita: passa il feretro, il morto, e io sto lì a fare “alé-ohò”. Ebbene: oggi, se andate a crepare in guerra per noi, manco il funerale otterrete. Cittadini, un tempo noi vi soffocavamo, ma di tanto in tanto vi facevamo riprendere aria. Adesso vi strozzeremo e basta, punto.
Eppure, cari cittadini, noi che stiamo al governo abbiamo la responsabilità e il dovere di ascoltarvi. Noi ascoltiamo gli operai: dicono che le loro aziende chiudono, delocalizzano in Cina e loro perdono il lavoro, oppure restano in Italia però si cinesizzano e loro perdono i diritti. E noi a questi operai dobbiamo dire una cosa semplice, chiara, onesta, e gliela diremo. Diremo: operai, cazzi vostri. Davvero, operai: cazzi vostri. Sinceramente, onestamente. Però io voglio parlare anche con i precari, quelli che vent’anni fa c’avevano ventotto, trent’anni, ed erano sicuri che nel giro di qualche mese c’avrebbero avuto un lavoro vero, e invece no, so’ rimasti invischiati in quella palude che è la precarietà; mo’ adesso quelli c’hanno cinquant’anni, so’ ancora lavoratori precari, e c’hanno i figli che crescono e al massimo troveranno un lavoretto a nero. Noi dobbiamo dire qualcosa di certo, anche a questi lavoratori precari, e glielo diremo. Diremo: precari? Cazzi vostri, pure a voi. Davvero, sinceramente: cazzi vostri.
Però voglio parlare anche con gli immigrati, che sono la colonna portante di questo paese; lavorano il triplo, guadagnano niente e sono schiavizzati. Eppure, tra cinquant’anni – ci dice l’Istat – un cittadino su quattro proverrà proprio da una storia di immigrazione. Dunque, voglio parlare a voi, emigranti, e dire la stessa cosa che dico a tutti gli altri cittadini, perché voi non siete di serie B. Dirò: emigrati, migranti? Cazzi vostri pure a voi, anzi: soprattutto per voi, veramente. Cazzi vostri. Qualcuno potrebbe dirmi: perché non facciamo come la Germania, la Gran Bretagna, che si so’ messe d’accordo con la Svizzera per tassare il denaro tedesco e inglese che sta nelle banche elvetiche? Certo, e infatti di denaro italiano in quelle banche ce ne sta tantissimo. Sapete perché non lo tassiamo? Perché quel denaro è nostro: de noi, padroni. Ma che, scherziamo? Poi tra de noi ce stanno anche un sacco de banchieri: che je raccontiamo?
Oppure qualcuno ci potrebbe dire: perché insistere ancora sulle grandi opere? Un treno super-veloce che devasterà una valle, in Piemonte, quando la popolazione è contraria – anche perché un treno lì già ce passa ed è sotto-utilizzato? Perché Perché tra di noi, oltre ai banchieri, ce so’ pure i palazzinari, i padroni del cemento, e lì c’è da guadagnare assai, cari cittadini. La manovra è “cazzi vostri”, mica “cazzi nostri” – che, scherziamo? Oppure, qualcuno ci chiederà semplicemente: F-35? Questo super-cacciabombardiere che ci costerà 13, 14, forse 15 miliardi: perché? E tutte l’altre spese belliche, che se vanno ad aggiungere a questa, in un paese nel quale, n’aa Costituzione, c’è scritto che l’Italia ripudia la guerra? Sapete perché spenderemo questi soldi? Perché tra de noi ce stanno pure i generali, mica solamente i palazzinari, capito? Uno l’avemo fatto pure ministro, eddài…
Noi siamo i poteri forti, cari cittadini. E per favore, non alzate la cresta perché… che volete, che ricominciamo a mettere ‘e bombe nelle piazze, sui treni, alle stazioni, nelle banche? Eh, cittadini: cazzi vostri, no cazzi nostri! Vedete, cittadini, io sono così certo dell’onestà delle mie parole che ho proposto al governo di chiamare questa nuova manovra proprio “cazzi vostri”, perché me sembrava una cosa esplicita, chiara, che avrebbero capito tutti, no? Però la comunità internazionale ci chiede di essere molto più bastardi ma anche un tantino più eleganti, perciò la chiameremo qualcosa come “manovra salva il paese” o con un titolo un po’ filmico, cinematografico, “come il cetriolo per l’ortolano”. Vedete, cittadini: il capitalismo è certamente quel grosso ombrello che vi infiliamo nel sedere ogni giorno. Però non è un ombrellaccio, ‘na cosa da quattro euro che vende il marocchino quanno comincia a piovere. E’ un ombrello costoso, di marca, magari di seta, col manico d’avorio e il puntale d’argento. E se non l’avete capito, cari cittadini, se veramente pensate ancora di vivere in un paese democratico, dove contare qualcosa, be’, allora, cari cittadini: cazzi vostri.