venerdì 31 luglio 2009

Sbagliando non s’impara perché ripetiamo gli errori.


Segnalato da Marì Si apprende più dai successi che dai fallimenti. Una ricerca del Mit sulle cellule cerebrali di ELENA DUSI Meglio il bastone della carota. A osservare bene il nostro cervello, sembra infatti che impari più dai propri successi che non dagli errori. E che anzi tenda a tornare spesso sui propri passi, se portano nella direzione sbagliata. "Abbiamo studiato il comportamento delle scimmie - spiega Earl Miller, che insegna neuroscienze al Massachusetts Institute of Technology e pubblica oggi la sua ricerca su Neuron - e abbiamo visto che quando un animale dà la risposta corretta al test cui lo sottoponiamo, nel suo cervello risuona il messaggio "hai fatto la cosa giusta". Dopo una risposta positiva, i neuroni memorizzano l'informazione in maniera più efficace e persistente e la scimmia tende la volta successiva a rispondere ancora correttamente. “Dopo un errore invece non assistiamo ad alcun miglioramento". Il test per le scimmie consisteva in una sorta di videogioco: se appariva una figura sullo schermo di un computer (un uomo con la pipa) gli animali dovevano voltarsi verso sinistra. Se ne appariva un'altra (un semaforo), dovevano voltarsi a destra. L'unico modo per imparare l'associazione giusta era provare e riprovare, attraverso una serie di successi ed errori. Nel frattempo Miller e i suoi colleghi misuravano l'attivazione dei neuroni delle scimmie in due aree come la corteccia prefrontale (che armonizza pensieri e azioni) e l'area dei gangli basali (che controllano i movimenti). Voltandosi dal lato sbagliato, le scimmie non ricevevano nessun premio, l'"accensione" dei loro neuroni durava meno di un secondo e nei tentativi successivi non compariva alcun miglioramento. Mentre in caso di risposta corretta e di "carota" offerta in premio, l'attivazione delle cellule celebrali durava molto a lungo: cinque secondi circa, il tempo necessario per arrivare alla domanda successiva. "Questo dimostra - spiega Miller - che almeno a livello dei neuroni impariamo più dai nostri successi che dai fallimenti". Scimmie a parte, uno studio non troppo diverso è stato condotto sugli uomini a settembre dell'anno scorso, pubblicato sul Journal of Neuroscience. Evelin Crone dell'università di Leida, ha misurato delle differenze assai fini a seconda dell'età dei suoi volontari. Nei bambini tra 8 e 9 anni funziona molto bene il meccanismo dell'apprendimento attraverso i successi. A 12 anni anche i fallimenti cominciano a lasciare il segno sulla memoria del cervello. Da adulti invece si impara in maniera altrettanto efficiente sia con il bastone che con la carota. (30 luglio 2009) da Quantico gio 30 lug 2009 tratto da: http://www.altrogiornale.org/news.php

Violata la legge di Planck su piccole distanze


Violata la legge di Planck su piccole distanze

Il Giornale Online
A distanze di separazione dell'ordine dei 10 nanometri (10 miliardesimi di metro) o meno il trasferimento di calore può essere 1000 volte più intenso di quanto previsto dalle leggi di Planck.
Il trasferimento di calore su piccole distanze è 1000 volte più intenso di quanto previsto dalla legge del corpo nero di Planck: è quanto hanno scoperto i ricercatori del MIT di Boston in base a
un ingegnoso apparato sperimentale.
La legge di radiazione del corpo nero, formulata da fisico tedesco Max Planck nel 1900, descrive in che modo si dissipa il calore in forma di differenti lunghezze d'onda della radiazione da un corpo non riflettente ideale chiamato appunto corpo nero.
La legge dice che l'emissione termica relativa a differenti lunghezze d'onda segue un preciso schema che varia con la temperatura dell'oggetto: l'emissione di corpo nero è considerata il livello massimo della radiazione di un corpo.
La legge funziona in modo affidabile nella maggior parte dei casi, ma lo stesso Planck aveva suggerito che quando gli oggetti sono molto vicini tra loro, le previsioni della sua legge avrebbero dovuto cessare di valere. Purtroppo, il controllo delle condizioni sperimentali per verificare la violazione della legge sono molto difficili da ottenere.
"Planck fu molto preciso, affermando che la sua teoria era valida solo per sistemi più grandi”, ha spiegato Gang Chen, professore di ingegneria del MIT e direttore dei Pappalardo Micro and Nano Engineering Laboratories. "Perciò esisteva già una previsione, che nessuno però sapeva in quali condizioni si sarebbe verificata.”
Chen e colleghi sono partiti considerando la difficoltà di mantenere meccanicamente due oggetti molto vicini, senza farli toccare.
Il problema è stato risolto, come descritto sulle pagine della rivista “Nano Letters”, utilizzando, invece di due superfici metalliche, una superficie metallica e una perlina di vetro molto piccola, più facile da controllare.
Inoltre, è stata utilizzata la tecnologia del cantilever bimetallico di un microscopio a forza atomica per misurare le variazioni di temperatura con grande precisione.
Si è così trovato che a distanze di separazione dell'ordine dei 10 nanometri (10 miliardesimi di metro) o meno il trasferimento di calore può essere 1000 volte più intenso di quanto previsto
dalle leggi di Planck.

da Richard ven 31 lug 2009

Tratto da: http://www.altrogiornale.org/news.php

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